Perché di fronte ad una perdita pensiamo che i consulenti siano inutili?

Un individuo tende a soffrire del pregiudizio del senno di poi quando valuta decisioni prese in passato senza tenere conto del fatto che nel presente dispone di dati e informazioni che all’epoca non possedeva.

In pratica si proiettano sul passato informazioni nuove, accompagnate dal rifiuto di rendersi conto che la conoscenza delle conseguenze provocate da azioni antecedenti sta influenzando le valutazioni fatte nel presente.

Gli psicologi, per scoprire tale pregiudizio, possono utilizzare tre metodi. Il primo consiste nel chiedere agli investitori di fare previsioni circa l’esito di un evento casuale prima di osservare il fatto stesso e poi, noti i risultati, far loro riformulare i pronostici che avevano fatto in precedenza. La seconda tecnica coinvolge due gruppi di persone; nel primo gruppo i soggetti devono fare le loro previsioni prima del verificarsi dell’evento (non conoscono ancora l’esito, pertanto) mentre il secondo gruppo è a conoscenza del risultato e deve immaginare quali sarebbero state le loro previsioni a priori. Il terzo metodo consiste nel chiedere alle persone a conoscenza dell’esito dell’evento di immaginare le previsioni dei membri del gruppo che è all’oscuro dell’esito.

Ogni volta la misurazione viene effettuata mediante un indice di pregiudizio del senno di poi. C’è tale pregiudizio se l’indice è maggiore di zero (cioè se la valutazione a posteriori cade fra l’esito effettivo e le previsioni fatte prima del verificarsi dell’evento). Per individui non soggetti al pregiudizio la stima a posteriori è uguale al risultato e l’indice ha valore uno. Nella realtà gli individui si trovano fra i due estremi. La loro opinione su ciò che sarebbero stati in grado di prevedere è influenzata dai fatti nel frattempo intervenuti; non riescono infatti ad astrarsi dalle informazioni di cui dispongono e a indossare i panni di coloro che devono fare previsioni e scelte in tempo reale.

Biais e Weber nel 2006 utilizzarono il terzo metodo sottoponendo a un test 90 banchieri che operavano a Francoforte e a Londra consistente in 10 domande riguardanti varie stime su variabili finanziarie. Per la metà di queste domande si chiedeva una stima a priori e per le altre una stima a posteriori. I risultati evidenziarono una significativa presenza del pregiudizio del senno di poi.

Il pregiudizio del senno di poi induce le persone a credere che gli eventi siano più controllabili di quanto lo siano in realtà e incoraggia, in campo finanziario, l’assunzione di rischi maggiori in quanto l’andamento degli investimenti è considerato, a posteriori, prevedibile. Oggi consideriamo lapalissiano considerare i mercati azionari di fine secolo scorso come l’espressione di una forte bolla speculativa ma all’inizio del 2000 la diagnosi era molto meno evidente di quanto lo sia oggi; la situazione era confusa e dai contorni indistinti. All’epoca nessuno era in grado di formulare corrette valutazioni delle aziende della new economy.

Tutto ciò si traduce nell’imputare ai consulenti – a posteriori – qualsiasi responsabilità sull’andamento difforme alle aspettative qualora i mercati si trovino in condizioni di negatività; non solo, ma spendere tali informazioni nella propria cerchia di conoscenze contribuisce a diffondere diffidenza nei confronti dei consulenti anche fra coloro che non hanno mai avuto rapporti con essi.

È palese che fare previsioni non significa azzeccarle con assoluta precisione. Un noto adagio dice infatti che le previsioni sono fatte proprio… per essere smentite. Quello che va focalizzato, invece, è il ruolo e l’utilità del consulente per l’investitore stesso.

È normale che i mercati abbiano andamenti altalenanti e che di volta in volta, nel momento in cui ci si trovi a fare dei consuntivi, ci possa essere o della soddisfazione per il percorso di investimento sin ad allora maturato o che, con altrettanta facilità, ci si possa trovare nella situazione opposta. Il consulente, come tale, serve a dare razionalità a un progetto di investimento colmando le lacune informative di cui ogni investitore è carente, serve a smussare l’emotività che sovente prende il sopravvento nei momenti in cui la paura o l’avidità fanno capolino (sono i naturali poli dentro i quali corre ogni investimento). Serve soprattutto a focalizzare gli obiettivi di investimento del cliente che quasi mai è in grado di riconoscere ed esplicitare e, stabilito il piano di lavoro, con responsabilità e razionalità tiene saldo in mano il “timone della nave” al fine di portare a compimento il progetto del suo cliente nonostante le avversità e le difficoltà che i mercati creano a getto continuo.

Immagine di Topolino in Fantasia di Walt Disney

In questa opera di guida e assistenza è comunque anch’egli privo della classica “sfera di cristallo” ma mette a disposizione dei suoi clienti le proprie conoscenze tecniche e le valutazioni di cui è capace. Il corretto atteggiamento dell’investitore dunque dovrebbe quello di essere molto chiaro sui propri obiettivi di investimento, sui tempi nei quali egli intende giungere a compimento del processo di impiego del capitale per soddisfare i propri desideri; dovrebbe inoltre stabilire con il consulente i limiti della sua esposizione al rischio e la propria tolleranza alle perdite di periodo. In altre parole concordare con il proprio consulente il percorso da effettuare nonché le regole e i patti che dovranno essere rispettati per tenere razionalmente sotto controllo la propria emotività.

Attraverso un processo siffatto non potranno che essere chiare anche le informazioni sulle quali si baseranno i consigli erogati e solo su questi assunti si potrà procedere alle critiche (anche giuste ovviamente) che nei momenti di massima difficoltà potranno essere sollevate ma sempre nella correttezza valutativa che ogni mutamento successivo non era noto ad alcuno prima del loro verificarsi.

Immagine di una roulette russa

L’affidamento ad altri dei propri interessi economici che non segua questo percorso non è altro che una delega in bianco che ha il sapore di una scommessa; scommessa che comunque un altro soggetto fa per conto dell’investitore e dunque a posteriori facilmente – ma anche inutilmente – criticabile. Del resto, se si chiede a una persona di effettuare per nostro conto le puntate al casinò nella convinzione di indovinare sistematicamente il numero uscente non stiamo forse chiedendo l’impossibile?

Perché dunque dobbiamo mettere a repentaglio le nostre aspettative di serenità e tranquillità economica facendo giocare al tavolo della roulette un altro al nostro posto? È intuitivo, ammettiamolo, e forse non c’era neppure bisogno di scomodare la scienza per una così ovvia conclusione. Teniamoci ben saldi dunque i nostri consulenti ma non chiediamo loro di mettersi il mantello dell’indovino ma di renderci invece un servizio assolutamente professionale che abbia le caratteristiche in precedenza descritte. Col tempo arriveranno i risultati e le critiche – di contro – si ridurranno progressivamente.