Il malato grave

Immagine della tela raffigurante la morte di Mozart - malato grave

In questi giorni mi è capitato di leggere un articolo su trend-online.com che, attraverso la “vision” di Fabrizio Zampieri, inquadra l’attuale situazione economica e finanziaria. Propongo pertanto ai miei lettori la lettura della parte dell’articolo che concerne la situazione italiana. Ne emerge una situazione non certo paradisiaca ma piuttosto cruda e realistica. Alla fine del testo, integralmente edito, aggiungo alcune mie personali considerazioni:

Il debito
Ufficialmente il debito per l’Italia si aggira intorno al 130% del Pil (o qualche punto in più) ma se si volesse guardare al debito di stato, imprese, banche, privati, si toccherebbe l’astronomica cifra del 400% del Pil, circa 6.000 miliardi.
Il paradosso? Una Finanza che cede il passo alla politica monetaria perché incapace di governare persino i mostri da lei stessa creati. Finanza quella che, tempo fa, era la padrona indiscussa della situazione, che decideva la sorte della sua sorella maggiore, l’Economia, adesso è stata scavalcata, stanca, da ciò che si è rivelato il vero governo mondiale, quello delle Banche Centrali.
Che si tratti di un disegno più o meno orchestrato, resta il fatto che Fed, BoE, BoJ, BCE e addirittura la Banca Popolare Cinese, si sono date il cambio in una strategia che ha il solo scopo di mascherare ciò che ormai è chiaro a tutti e cioè che il gioco non reggerà ancora a lungo.

Da S&P in poi…
A testimoniarlo, per quanto strano sembri ai più, i record che Wall Street continua a segnare nonostante una situazione di fondo anomala che vede il mercato del lavoro sobbalzare a 321.000 nuove unità, ma che forse non ricorda come il periodo di Natale sia anche lo stesso che per antonomasia favorisce le assunzioni a tempo determinato, i cosiddetti “rinforzi” in vista di un assalto ai negozi che, adesso, si spera sarà il più convincente possibile, dopo un Black Friday che, invece, ha visto più ombre che luci.
Ma senza spostarsi troppo in là, tornando all’interno dei confini nazionali, la situazione non è poi migliore. Ad accorgersene anche Standard&Poor’s che da un rating BBB con outlook negativo ci porta a BBB – con outlook stabile.
Troppo debito, troppo immobilismo, poche riforme e che avranno effetto solo in un futuro lontano. Per di più sarà un effetto attenuato da aggiustamenti vari dettati da esigenze politiche e opposizioni interne al Parlamento stesso.

Italia: un mondo di tasse nascoste.
Tralasciando la percentuale dei disoccupati che ha ufficialmente toccato il 13% e che nella categoria dei giovani raggiunge quota 44%, si può guardare a tutta una serie di numeri che invece solitamente vengono ignorati. Un esempio? Si pensi agli oltre 80 miliardi di ammortizzatori sociali erogati dall’Inps, con un aumento continuato delle ore di Cig, o al fatto che i consumi di benzina nel primo semestre del 2013 sono calati del 6,3% e con esso anche il gettito fiscale annesso. Si, perché se è vero che il prezzo del petrolio scende, è bene ricordare che noi, popolo italiano, alla pompa paghiamo più che altro tasse, accise, imposte taciute e che nella propaganda politica non vengono citate fra gli aumenti continuati di un pressione fiscale da record mondiale.
Per questo Renzi (e i suoi predecessori) continuano a sfiancarsi nel dire che le tasse non sono state aumentate. Sicuri? Guardiamo la benzina, prima di dare una risposta. Una risposta che guardi anche al potere d’acquisto che solo per i 12 mesi che vanno dal 2012 al 2013 ha visto un -8% con consumi che hanno toccato la penuria del Dopoguerra, con la sola differenza che noi in guerra, almeno ufficialmente, non ci siamo mai stati. O per meglio dire, forse, si, quella sotterranea di una caduta continuata da parte dell’economia italiana ormai non più competitiva.

World Economic Form
Come si può scegliere di investire in Italia se per la sola autorizzazione ad aprire un distributore di benzina (escludendo ogni altro tipo di permesso) occorrono minimo 6 mesi, sperando che tutto vada bene e non si debba finire nel vortice dei fallimenti come altre 11mila aziende che hanno chiuso i battenti nei soli primi 9 mesi di quest’anno? E in fondo non avrebbe potuto essere diversamente visto che il credito alle imprese, l’anno scorso, ha sofferto un -3,8%.
Come pretendiamo di essere competitivi nel mondo se per il World Economic Forum proprio per competitività siamo al 49esimo posto dopo le isole Barbados e per di più senza nessuna agevolazione fiscale, mentre per Transparency International, siamo al 69esimo posto nella graduatoria delle nazioni più corrotte e, per la precisione, siamo il Paese in Europa con il più diffuso livello di percezione della corruzione nell’amministrazione pubblica?
Questo è il fronte (di guerra) dell’economia, ma spostandoci su quello più squisitamente finanziario, dalla Consob è arrivato un altro allarme: con la crisi Piazza Affari ha bruciato 460 miliardi, quasi il 30% del Pil. In altre parole il valore del mercato italiano è passato dal 47,8% del Pil nel 2007, all’attuale 28,6%. Una Borsa che non piace perché non piace l’incertezza che regna sul Paese, sempre più sotto il tiro dell’unico traino possibile ossia la politica monetaria internazionale. La speculazione sulla Penisola è altissima e la volatilità presente a Piazza affari, anche.
Partendo da queste basi come si può chiedere alle aziende di quotarsi? Anche perché la quotazione stessa non è certo gratuita (600mila euro solo i costi escludendo il resto delle spese varie e organizzative), il percorso non è certo lineare e immediato, gli obblighi di governance sono senza dubbio grane ulteriori da gestire. Meglio restare perciò nell’ombra, magari con una organizzazione di stampo familiare che permette anche un controllo maggiore dell’azienda: non per niente sono per lo più le Pmi che evitano la quotazione. Forma mentis campanilistica, certamente, ma che evidenzia anche la costante diffidenza verso un sistema economico e finanziario che è ormai diventato un nemico da combattere.
E adesso ci si è messa anche Standard&Poor’s che, come detto, ha tagliato il rating dell’Italia a un gradino dal temuto junk. Quindi una nazione la cui sorte è incerta e adesso anche potenzialmente inaffidabile. Le riforme? Quelle (poche) fatte, stando al giudizio dell’agenzia di rating, daranno benefici solo in futuro. Sempre che per Roma, questo futuro, anche economico, oltre che sociale, esista.

In questi giorni abbiamo toccato con mano come, in barba ai più elementari principi di libera concorrenza, nel nostro paese quantità enormi di risorse pubbliche, invece di produrre benessere collettivo, siano state dirottate verso soggetti economici che definire discutibili è semplicemente eufemistico. L’avevamo ben capito che dell’ “iceberg tangentopoli” avevamo visto solo la punta, che forse non era una casuale coincidenza che progressivamente ci venivano sottratti elementari diritti della democrazia, primo fra tutti quello della facoltà di sceglierci i nostri rappresentanti, che la macchina burocratica – nelle cui pieghe si nasconde la possibilità di distribuire privilegi e favoritismi – invece di diminuire stava crescendo ogni misura, che dopo la citata tangentopoli avevamo visto gli scandali della protezione civile, della ricostruzione del capoluogo abruzzese, di Expo, del Mose, ecc. sempre presentati come episodi di malcostume isolato, un’eccezione in un mondo intriso di virtù ed onestà conclamata.

Abbiamo scoperto che a Roma, capitale e centro naturale della distribuzione delle risorse pubbliche, ci stava la mafia e che gli unici che ne dubitavano l’esistenza erano i soli nostri rappresentanti.

Nell’articolo di trend-online.com si parla di azioni del Governo volte ad ammodernare il nostro paese ma i cui effetti saranno più o meno lontani nel tempo. Forse quello che si sta facendo è semplicemente l’utilizzo di un pannicello caldo sulla fronte dell’ammalato grave. Non solo, in queste ore stiamo assistendo ai soliti giochini dei veti incrociati, alle minacce di scissione, a quelle di nuove elezioni da parte di più soggetti politici sempre meno consapevoli dell’urgenza di dotare urgentemente il nostro paese di vere e profonde riforme.

Mi sembra sempre più di assistere alla scena dell’ammalato gravissimo circondato da medici che continuano a discutere sul colore delle lenzuola e sulla somministrazione di semolino o mela cotta per cena facendo trascorrere il tempo e lasciandolo morire a poco a poco. Quei signori medici mi ispirano lo stesso senso di responsabilità di coloro che hanno in mano le sorti del nostro paese.

Purtroppo, assieme a quel malato – l’Italia – sta morendo anche una parte di tutti noi.